lunedì 23 settembre 2013

Castità: dono d'amore


Lo so che sto per toccare un tema molto delicato per il quale ci saranno incomprensioni e, probabilmente, delle imprecisioni. Cercherò di essere il più chiaro e possibile e tenterò, già so che lo farò con scarsi risultati, di restare in un ambito laico per scrivere quello che penso sulla castità. Questa riflessione nasce da un confronto che ho avuto con una mia vecchia (non in senso anagrafico, non voglio offendere nessuno) collega universitaria sul tema della castità. La mia collega non capisce come le persone possano vivere la castità e classifica, con una certa forzatura, coloro che vivono la castità e ne esaltano la virtù in tre categorie. Nella prima sarebbero presenti tutti coloro che non riescono ad avere esperienze sessuali. Nella seconda sono presenti coloro che, secondo lei, non sono mai stati oggetto di desiderio di alcuno e che trovano nella castità la propria ragione di essere. Nella terza categoria sono presenti coloro che hanno avuto delle esperienze sessuali pessime e che invece di migliorarsi sono passati dalla parte della “tifoseria” della castità facendo di necessità virtù. La mia vecchia collega, inoltre, non riesce a spiegarsi come si possa avere una padronanza del corpo e a non eccitarsi alla vista di “tette e culi”. Davanti a questa esternazione sono rimasto alquanto perplesso per due motivi: il primo riguarda una sfera personale e l'altro la concezione che si ha del significato della castità. 
Non nego che ho fatto una certa difficoltà a ritrovarmi in una di queste tre categorie e, come me, credo che anche altri miei amici potrebbero averla. Tuttavia, non posso affermare con certezza che non ci siano persone che si rapportano alla castità a causa delle tre motivazioni accennate dalla collega.
La seconda perplessità nasce dal fatto che, credo, non sia ben chiaro cosa sia la castità. Nel linguaggio comune questa viene associata ad un'assenza totale di rapporti sessuali, ad un controllo forzato dei propri istinti sessuali ma la castità non è questo, anzi, non è solo questo. La castità non si ferma ad una sola definizione. Esistono diverse forme di castità. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” afferma che ogni battezzato è chiamato a vivere la castità ognuno secondo la propria vocazione. Quindi non solo preti, religiosi e religiose sono chiamati alla castità ma tutti, anche fidanzati e sposati. Quindi cosa è questa castità? Come possono vivere in castità una coppia di coniugi se il matrimonio ha come uno dei fini la fecondità? Sembrerebbe un paradosso ma non è così. Se andiamo a fondo ci rendiamo conto che la castità non si può ridurre al semplice “non fare l'amore” ma il concetto si articola. La castità è, in realtà, una condizione dell'amore che lo difende da tutte le forze sia esterne che interne che potrebbero distruggerlo. Una persona casta, quindi, è colei che accetta la propria sessualità e la integra con la propria persona, moderando, ma non eliminando, l'attrattiva dei piaceri e creare un equilibrio nell'uso della sessualità.
Per castità non si intende “sessuofobia” (Youcat, 404). Una persona casta vive la propria sessualità non cedendo ai propri desideri ma in modo consapevole dal punto di vista dell'amore. Quindi è casto chi è aperto all'amore e non è schiavo delle proprie pulsioni e passioni e tutto ciò che aiuta una persona a diventare matura nelle proprie relazioni, libera e capace di amare, aiuta anche a raggiungere l'amore casto. Lasciarsi prendere dalle proprie pulsioni porta l'uomo all'infelicità. E non scrivo questo perché sono cristiano ma perché ho potuto sperimentare queste dinamiche sulla mia pelle.
Anni fa avevo una fidanzata con la quale non vivevo un rapporto casto, durante il periodo che eravamo insieme mi rendevo conto che l'unica cosa che mi faceva continuare a stare con lei era solamente il voler fare sesso con lei. Mi ero legato alla mia pulsione, il solo pensiero di non poterla più avere in termini sessuali mi spingeva a restare con lei. Alla fine l'ho lasciata perché non ero felice. Sentivo che non potevo fermarmi ad un futile atto sessuale.
Oggi, invece, sono fidanzato e mi sforzo a vivere la castità dei fidanzati, ciò non vuol dire che non provo attrazione fisica per la mia fidanzata (anzi). Il vivere la castità mia aiuta a non legarmi alle pulsioni sessuali e a fondare il mio rapporto su basi più profonde e più robuste. La castità, infatti, significa amare in maniera indivisa e non essere schiavo di una pulsione.
Spesso la Chiesa Cattolica viene accusata di voler far assopire i piaceri erotici ma non è così. Il corpo, il piacere e la gioia erotica hanno un'importanza fondamentale e chiunque definisca la sessualità come un male contraddice il Cristianesimo. Basti pensare che il “Cantico dei cantici” esalta la sessualità in modo esplicito, senza usare mezzi termini. La cosa fondamentale è non fare della sessualità un idolo. L'atto sessuale non può essere fine a se stesso, non può diventare il centro dei nostri rapporti.
Non so se sono stato chiaro. Non so nemmeno se la mia vecchia collega universitaria abbia capito le mie ragioni (in verità non ho questa pretesa), però sento che c'è tanta confusione sulla castità che spinge chi sceglie stili di vita diverse dal mio a denigrare il mio. Tuttavia, continuo sulla mia strada difficile con la speranza, anzi la certezza, di costruire la mia vita nel segno dell'amore vero, puro e bello, senza demonizzare chi non sceglie la castità e con la speranza di non essere offeso per il mio stile di vita.

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