venerdì 13 marzo 2015

Neolingua e pensiero unico

Le parole sono importanti ma importanti sul serio. Lo diceva già Orwell nel suo romanzo 1984: se vuoi tenere una popolazione sotto scacco devi controllarne la lingua; se vuoi controllarne il pensiero e omologarlo a quello della classe dominante devi cambiarne il linguaggio; se vuoi creare una generazione obbediente ad un qualsiasi pensiero unico devi fargli credere che il linguaggio dei loro padri (antico e obsoleto) non serve più, può essere sostituito da uno nuovo che cambi la grammatica e la sintassi. Quindi, cambiare il senso alle parole, stravolgerne il significante, tende proprio a questo: creare un vuoto di significato per poterlo riempire come meglio si crede.
Affinché ciò non accada dipende da noi, dal nostro essere attenti a ciò che succede, al linguaggio che usano tutti coloro che si definiscono degli innovatori. Dobbiamo stare attenti a come ci comunicano le cose coloro che lottano per una modernità che ammazza l’uomo, che non lo mette al centro, che non lo protegge durante il corso naturale della sua vita. Dobbiamo vigilare su chi vuole ammazzare bambini disabili chiamando  questo  processo di morte aborto terapeutico; su chi fa passare l’eutanasia come dolce morte; su chi avvalora il processo dell’affitto dell’utero di una donna chiamandolo gestazione per altri. Questi sono solo alcuni casi di una neolingua (giusto per continuare ad usare un termine orwelliano) che sta permeando del nostro essere, che giorno dopo giorno, in maniera lenta, ci sta facendo abituare a queste parole dolci nell’ascoltarle ma nuove e crudeli nel significato.








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