mercoledì 31 maggio 2017

La bellezza del fiore di un giorno

“Vivesti solo un giorno come le rose” cantava Fabrizio De Andrè, nella sua struggente Canzone di Marinella.
Assolutamente mai contraddire De Andrè, ma in fondo le rose possono vivere un po’ di più… il mio amico Danilo, quasiprete-farmacista-esteta, che di fiori se ne intende alla grande, potrebbe farle resistere anche 4-5 giorni (dipende dal caldo, direbbe lui!).

Esistono però davvero dei fiori che vivono un solo giorno e anche meno. Sono i fiori delle Echinopsis, una varietà di cactus che inizia a fiorire durante la notte, raggiunge il massimo della fioritura che dura a volte appena un paio di ore e poi inizia a morire. Sono fiori bellissimi dalle più disparate sfumature e dagli intensi colori che vanno dal pastello a quelli più accesi (qui un video in time-lapse della fioritura).
La loro è una bellezza di poche ore, una bellezza fugace. Ma valgono forse meno degli altri fiori? Sono forse inutili, sprecati, non hanno diritto a tutte le cure per un solo giorno di vita?

Oggi è il giorno della Visitazione di Maria ad Elisabetta. Il giorno in cui due donne hanno gioito insieme per il dono di un figlio. E proprio oggi, su tutti i giornali, leggiamo di un neonato appena partorito e gettato giù dal balcone dalla propria madre in provincia di Torino.

Qui è necessario sospendere il giudizio. Non si può sapere cosa ci sia nella testa di una donna che getta via suo figlio. Da donna e da essere umano è un gesto per me totalmente incomprensibile.

Ma penso a quel bambino, maschio, senza neanche un nome, vissuto poche ore. Che valore ha avuto la sua vita? Che dignità ha acquisito, gettato per strada come un rifiuto?
La bellezza del fiore di un giorno. Quello è il suo valore. Il valore della vita di un giorno è lo stesso di una vita lunga cento anni.
È perché sei vivo che hai una dignità. È perché esisti che sei un capolavoro.

Poche cellule embrionali con un patrimonio genetico sono una vita degna; un ragazzo con un cromosoma in più è una vita degna; una donna chiusa in una cella di tre metri per tre è una vita degna; un senzatetto della stazione Termini è una vita degna; un anziano sul letto di morte è una vita degna.

Che senso ha avuto, allora, un fiore di un giorno, una vita vissuta poche ore?
Ci ha aperto il cuore. Chi, oggi, non ha amato per un momento quel bambino mai visto, senza un nome? Quella vita di poche ore ci ha fatto uscire dal nostro recinto di problemi. Ci ha ricordato che siamo capaci di guardare agli altri. Ci ha reso un po’ più umani.

Per questo la sua vita è stata un capolavoro.

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