giovedì 4 maggio 2017

Un modo di essere (prima parte)

All’interno di “Un modo di essere” (Giunti, 2012), Carl R. Rogers usa la metafora del giardinaggio per far capire cosa è la consulenza: “Le mattine che non posso trovare il tempo per dare un’occhiata ai miei fiori […] mi sento defraudato. Il mio giardino mi propone la stessa curiosa domanda a cui ho sempre tentato di dare una risposta in tutta la mia vita professionale: Quali sono le condizioni migliori per la crescita?” (pag. 80).
Questa è una domanda che anche io mi sono sempre posto per quanto riguarda il mio lavoro di operatore nel sociale. Cercherò di non essere pesante nella risposta che mi sono dato leggendo il testo di Rogers dal quale è tratta la metafora del giardino. Partirò dalle tre caratteristiche della terapia centrata sul cliente che lo psicologo statunitense descrive nel suo testo: autenticità, accettazione e empatia.
Uno dei punti fondamentali della terapia centrata sul cliente è l’autenticità. Per essere autentico un consulente deve permettere al cliente di far capire chi è effettivamente la persona che si trova di fronte. Per essere autentico, il consulente, deve accettare i propri sentimenti, le proprie idee e gli impulsi che gli appartengono come parte maturante di se. Questo permette al consulente di non essere sulla difensiva. Inoltre, per essere autentico il consulente deve avere cura di se stesso; essere sereno, che non significa non avere problemi ma rendersi conto che questi esistono; il consulente deve essere aperto alle nuove idee e ad avere un’intimità che porti ad un coinvolgimento che aiuta a capire il cliente per quello che realmente è.
L’autenticità, però, si accompagna con l’accettazione. Il consulente, infatti, per mettere in pratica un approccio centrato sulla persona, deve accettare ciò che il cliente è in quel momento. Questo permette al consulente di vedere il cliente per quello che è, con le sue paure, i suoi dubbi e la sua storia. L’accettazione permette al consulente di non porsi in un atteggiamento giudicante nei confronti del cliente.
L’empatia è un altro pilastro della consulenza, lo è perché con essa si può percepire quello di cui il cliente è portatore: sentimenti e significati personali che quest’ultimo prova nel suo “qui ed ora”. Il rapporto empatico implica che il consulente debba mettersi da parte, lasciare le sue convinzioni per poter entrare in sintonia con il vissuto del cliente. Tutto ciò è permesso grazie ad un ascolto empatico che permetta di concentrare l’attenzione su tutto quello che lo riguarda: verbale e non verbale in modo da richiamare l’attenzione sul “significato percepito” che il cliente sta provando in un determinato momento.


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